martedì 22 marzo 2016

La Convivialità – I. Illich

“Per analizzare il rapporto tra l'uomo e il suo strumento, io propongo qui il concetto di equilibrio multidimensionale della vita umana. In ognuna delle sue dimensioni, questo equilibrio corrisponde a una certa scala naturale. Quando un’attività umana esplicata mediante strumenti supera una certa soglia definita dalla sua scala specifica, dapprima si rivolge contro il proprio scopo, poi minaccia di distruggere l'intero corpo sociale. Occorre dunque determinare con chiarezza queste scale naturali e riconoscere le soglie che delimitano il campo della sopravvivenza umana.”
“Infatti, superato il limite, lo strumento da servitore diviene despota. Oltrepassata la soglia, la società diventa scuola, ospedale, prigione, e comincia la grande reclusione. Occorre individuare esattamente dove si trova, per ogni componente dell'equilibrio globale, questo limite critico. Sarà allora possibile articolare in modo nuovo la millenaria triade dell'uomo, dello strumento e della società. Chiamo società conviviale una società in cui lo strumento moderno sia utilizzabile dalla persona integrata con la collettività, e non riservato a un corpo di specialisti che lo tiene sotto il proprio controllo. Conviviale è la società in cui prevale la possibilità per ciascuno di usare lo strumento per realizzare le proprie intenzioni.”


La convivialità – Ivan Illich (1926-2002)

Homework #10

I limiti della macchina

Secondo me, uno dei grandi temi che ruotano attorno al concetto di macchina nella società contemporanea riguarda il senso del limite: l’uomo deve fare tutto ciò che la scienza e la tecnologia gli permettono i fare? Oppure esiste un limite, una frontiera oltre la quale non è opportuno andare?
I greci utilizzavano il concetto di hybris, cioè tracotanza, superbia per indicare il peccato dell’uomo che non riconosce i propri limiti e le proprie forze e quindi osa oltrepassare il confine posto dagli dei (mito di Prometeo, Icaro, ecc..).
Tornando ai giorni nostri, sempre più spesso la macchina sembra pericolosamente prossima alla condizione limite di rendere l’uomo succube, imponendogli i propri ritmi e la propria dimensione che spesso e volentieri non sono (o non sono più) i ritmi propri della Natura e quindi umani.
Molti secondo me sono gli ambiti in cui questo fenomeno si manifesta in maniera più o meno evidente. Un esempio è la macchina del trasporto, diventata ormai ultrarapida e globale. Questa ci proietta in una dimensione che ha scala mondiale, dove l’individuo è sostanzialmente impotente e privo di ogni appartenenza e legame con il territorio. Un altro esempio è evidente nella macchina dell’informazione e della comunicazione. La macchina è diventata capace di gestire un’enorme quantità di idee, parole e di messaggi in un tempo sempre più breve ma questo è in contrasto con il bisogno umano di conoscere nel dettaglio e con curiosità, di capire fino in fondo, di dialogare e di creare legami profondi. Infine la rapidità del progresso e dell’innovazione hanno relegato in un angolo la tecnica artigianale e la tradizione che sono state per secoli i fondamenti e la “scienza” della società pre-industriale.

Questo per me non significare abbandonare necessariamente la società delle macchine. Una società ristretta, limitata, culturalmente chiusa e che rifiuta il progresso non è sicuramente invidiabile. Eppure secondo me è necessario mettere un freno, un limite a quello slancio che dall'Illuminismo in poi ha fatto sì che ci si abituasse al concetto di illimitato (nella capacità produttiva, nei consumi, nella crescita economica, nello sviluppo tecnologico). La società del futuro credo sarà ancora una civiltà delle macchine ma dovrà avere ben definito un senso del limite che la porti ad una condizione di equilibrio riguardo tutta la dimensione umana.

martedì 8 marzo 2016

Homework #9

La macchina in “Confessioni di un Italiano” di I. Nievo

La macchina protagonista del libro “Confessioni di un Italiano” di I. Nievo è la macchina da guerra.
Il libro è ambientato durante i 50 anni che vanno dalla campagna napoleonica in Italia (1796 -1797) alle rivoluzioni del 1848.
La prima rivoluzione industriale, che gli storici collocano tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 è agli albori e la società descritta è ancora prevalentemente contadina/feudale e non contiene ancora i caratteri della società industriale, cioè della società delle macchine.
La macchina che quindi è presente nel romanzo è la macchina caratteristica del mondo pre-industriale cioè la macchina da guerra. Questo può essere dimostrato andando a valutare la ricorrenza di alcune parole chiave:

pistola/e:    23 volte
cannone/i: 17 volte
fucile/i:       15 volte
spada/e:     37 volte
pugnale/i:   8 volte
sciabola/e: 10 volte
arma/i:        36 volte
battaglia/e: 48 volte
guerra/e:    67 volte

L’argomento centrale del romanzo è la creazione dell’identità del popolo Italiano che attraverso guerre e rivoluzioni riesce a liberarsi dai dominatori stranieri e a conquistare il diritto ad essere un popolo libero e indipendente. La guerra e di conseguenza la macchina da guerra che ne è lo strumento principale, divengono dunque co-protagonisti perché accompagnano le vicende, le lotte e le battaglie degli uomini che hanno combattuto per l’unità d’Italia.
Il romanzo si sviluppa attraverso la narrazione in prima persona della vita di Carlo Altoviti, patriota e soprattutto uomo che ha vissuto la trasformazione della propria identità da veneziano ad italiano.


Incipit: "Io nacqui veneziano ai 18 ottobre 1775, giorno dell'Evangelista San Luca; e morrò per la grazia di Dio italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo".