martedì 22 marzo 2016

Homework #10

I limiti della macchina

Secondo me, uno dei grandi temi che ruotano attorno al concetto di macchina nella società contemporanea riguarda il senso del limite: l’uomo deve fare tutto ciò che la scienza e la tecnologia gli permettono i fare? Oppure esiste un limite, una frontiera oltre la quale non è opportuno andare?
I greci utilizzavano il concetto di hybris, cioè tracotanza, superbia per indicare il peccato dell’uomo che non riconosce i propri limiti e le proprie forze e quindi osa oltrepassare il confine posto dagli dei (mito di Prometeo, Icaro, ecc..).
Tornando ai giorni nostri, sempre più spesso la macchina sembra pericolosamente prossima alla condizione limite di rendere l’uomo succube, imponendogli i propri ritmi e la propria dimensione che spesso e volentieri non sono (o non sono più) i ritmi propri della Natura e quindi umani.
Molti secondo me sono gli ambiti in cui questo fenomeno si manifesta in maniera più o meno evidente. Un esempio è la macchina del trasporto, diventata ormai ultrarapida e globale. Questa ci proietta in una dimensione che ha scala mondiale, dove l’individuo è sostanzialmente impotente e privo di ogni appartenenza e legame con il territorio. Un altro esempio è evidente nella macchina dell’informazione e della comunicazione. La macchina è diventata capace di gestire un’enorme quantità di idee, parole e di messaggi in un tempo sempre più breve ma questo è in contrasto con il bisogno umano di conoscere nel dettaglio e con curiosità, di capire fino in fondo, di dialogare e di creare legami profondi. Infine la rapidità del progresso e dell’innovazione hanno relegato in un angolo la tecnica artigianale e la tradizione che sono state per secoli i fondamenti e la “scienza” della società pre-industriale.

Questo per me non significare abbandonare necessariamente la società delle macchine. Una società ristretta, limitata, culturalmente chiusa e che rifiuta il progresso non è sicuramente invidiabile. Eppure secondo me è necessario mettere un freno, un limite a quello slancio che dall'Illuminismo in poi ha fatto sì che ci si abituasse al concetto di illimitato (nella capacità produttiva, nei consumi, nella crescita economica, nello sviluppo tecnologico). La società del futuro credo sarà ancora una civiltà delle macchine ma dovrà avere ben definito un senso del limite che la porti ad una condizione di equilibrio riguardo tutta la dimensione umana.

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